L’unità nazionale e la coesione sociale alla prova della pandemia

L’unità nazionale e la coesione sociale alla prova della pandemia

L’avvocato, Luca Longhi, Professore associato di Istituzioni di diritto pubblico dell’Università Telematica Universitas Mercatorum, ci parla, di seguito, dell’argomento: principi costituzionali ai tempi dell’emergenza Coronavirus.

L’emergenza sanitaria in corso si è rivelata anche un’emergenza giuridica per i motivi che sono emersi nel dibattito pubblico di queste settimane e che ci si accinge ad osservare in questa sede limitatamente ad alcuni aspetti.  

Compito del giurista, nei periodi bui come quello che ci troviamo a vivere, deve essere quello di indicare delle possibili strade alla società, fornendo un contributo di analisi e di idee.

Non si pretende qui, naturalmente, di offrire soluzioni definitive, ma si proverà quantomeno ad offrire alcuni spunti, utili – si spera – a suscitare una riflessione condivisa.

Deve essere questo il momento del confronto costruttivo e non delle divisioni.

Oggi come non mai il Paese ha bisogno di recuperare, fuori da ogni retorica, una coesione sociale e territoriale, che troppe volte negli ultimi tempi è risultata mancare.

Eppure, tra i molteplici profili giuridici venuti in rilievo per effetto della crisi, si deve registrare proprio l’appannamento del principio di solidarietà affermato dall’articolo 2 della Costituzione, su cui si fonda idealmente il nostro ordinamento e il nostro stesso «stare insieme».

Ad esempio, la tendenza alla delazione che sembra imporsi giorno dopo giorno sui social depone nel senso di una società tutt’altro che coesa e solidale, come il disegno costituzionale, invece, lascerebbe intendere.

Se è vero, difatti, che la tutela della salute pubblica sollecita le responsabilità individuali di tutti i consociati, ancor più in presenza di un virus dall’elevata trasmissibilità, è altrettanto vero, tuttavia, che la solidarietà non deve essere praticata certamente attraverso la diffusione indiscriminata di immagini che ritraggono le altrui infrazioni (assembramenti, mancato utilizzo dei presidi sanitari obbligatori, ecc.), senza considerare, peraltro, le violazioni della privacy che possono conseguire a tali pubblicazioni.

Ed anzi, la prassi di divulgare immagini o filmati al solo scopo di suscitare la riprovazione collettiva serve piuttosto ad alimentare la cultura dell’odio (sociale, regionale, etnico, religioso) che tristemente dilaga sulle piattaforme virtuali così come anche nelle strade, tanto più in concomitanza con la crisi economica.

La solidarietà, che, in questa fase dovrà implicare uno sforzo comune di rinuncia nell’interesse generale, presuppone soprattutto la responsabilità delle istituzioni, chiamate, a tutti i livelli, a guidare il Paese fuori dal tunnel e a promuovere nel corpo sociale un sentimento di unità, conformemente all’articolo 5 della Costituzione, perché si possano gettare le basi di una nuova rinascita, come già avvenuto all’indomani della guerra.

In caso contrario, all’atmosfera di pacificazione nazionale, simpaticamente instaurata sui balconi italiani nelle prime settimane di quarantena, si sostituirà presto un clima di ostilità di tutti contro tutti, difficile da debellare e non meno calamitoso della pandemia in sé per le gravi conseguenze che potranno derivarne.  

Luca Longhi 

Professore associato di Istituzioni di diritto pubblico

Università Telematica Universitas Mercatorum