Ivo Poggiani, le PROPOSTE PER NAPOLI

La redazione di Global News Communication riporta, di seguito, la lettera del Presidente della Municipalità 3, Ivo Poggiani, pubblicata stamattina da REPUBBLICA.

PROPOSTE CONCRETE PER NAPOLI

 

Diciamoci la verità, la campagna elettorale non è iniziata, non è entrata nel vivo o almeno la città non la vede ancora, se non sui giornali.

 

Complice la lunga querelle sul candidato Pd/M5S, ora abbiamo degli schieramenti che si vanno delineando senza non poche difficoltà. A sinistra di questo accordo – come al solito – il campo è frammentato, ma neanche il centro destra se la passa bene, tra le fughe in avanti di Maresca come candidato solo civico e gli imbarazzi su candidati leghisti o con curricula penali “complessi”.

Si è passati dalla fase “guardiamo prima ai programmi, poi ai candidati”, agli slogan ripetuti da sempre su periferie, legalità e giovani che sono buoni in un momento di partenza del dibattito, ma siamo ben lontani dalle presentazioni di veri programmi politici e visione concrete sulla città del futuro.

 

Mettiamoci poi che la pandemia ha allontanato ancora di più i cittadini dalla politica, riuscendo a dare solo risposte parziali. Insomma, la connessione sentimentale tra politica e cittadino, soprattutto nel campo delle forze democratiche, ancora non c’è.

 

Inoltre, da destra a sinistra, tutti sono concentrati sul tema del bilancio e sull’esiguità delle risorse, aggravate da una macchina amministrativa ridotta all’osso.Un tema che i dirigenti dei più grandi partiti, sordi rispetto agli appelli del Sindaco o dell’Anci, si pongono solo ora in evidente e colpevole ritardo spaventati dalla possibilità di amministrare?!Oggi almeno però vivono nel dibattito e nella forza (si spera) di un patto nazionale che ci auguriamo che venga rispettato a netto di chi vincerà.

 

Oltre alla necessità però di mettere “i conti in ordine”, da mesi nell’agenda pubblica non emergono temi, progetti, proposte all’altezza della difficoltà dei tempi che viviamo, a partire dalla necessità di ritornare presto alla normalità, programmando un utilizzo intelligente e non clientelare delle risorse del Recovery Plan che punti innanzitutto a creare nuova occupazione partendo magari proprio dal rafforzamento della macchina comunale attraverso l’assunzione di tanti giovani che così non sarebbero costretti ad emigrare.

 

Siamo ad un bivio di questa campagna elettorale, o si inizia a fare sul serio uscendo dalle stanze degli accordi o si rimarrà in un tepore che scalderà poco il cuore dei Napoletani.

 

Il filo conduttore della transizione energetica e ambientale sarà fondamentale.

Sono anni che si parla di smart city, mobilità sostenibile, cura del Verde, igiene urbana e degli spazi pubblici come vettori non solo di nuovi modelli di sviluppo, ma anche come possibilità nuove di lavoro per una città a “trazione” reddito di cittadinanza.

Si potrebbe fare una lista della spesa, enunciare semplicemente il bisogno, una maledetta urgenza, di lotta alla camorra, di politiche sociali, di contrasto alla dispersione scolastica, di occupazione, di riqualificazione di strade, piazze o parchi.

 

Non basta.

 

Bisogna avere in mente come spendere i soldi che arriveranno dall’UE, come queste risorse possano generarne altre e far ripartire questa città. Guardiamo allora ai nostri quartieri, alla loro storia, per capirne le funzioni che hanno avuto in passato e quelle che potranno avere in futuro.

 

In fin dei conti la nostra città nasce così: dai primi insediamenti lungo la linea di costa con la fondazione della città intramoenia, lo sviluppo del porto per gli scambi commerciali. Altri quartieri del centro nascono poi per rispondere a dei bisogni urbani. La Sanità ad esempio perché serviva spazio per i sepolcri e i nosocomi. In epoca più recente, dopo la rivoluzione industriale, la nascita di Napoli est per i centri manifatturieri, in epoca recentissima i quartieri dormitorio di Scampia, Barra, Ponticelli, per rispondere ad una straordinaria emergenza abitativa.

 

Nonostante l’urbanistica napoletana ci restituisce uno strettissimo legame, nel bene e nel male, tra quartieri e funzioni, oggi ci troviamo dinanzi ad un conglomerato urbano in cui i singoli territori non riescono a soddisfare le nuove esigenze piiù contemporanee.

 

Pensiamo ad esempio alla Zona di Napoli Est, dove si parla di No Tax Area da decenni e potrebbe diventare l’area con le più grandi Comunità Energetiche del Sud Italia. Banalmente, abbiamo gli spazi adeguati per ospitare un grande investimento su progetti di efficientamento e fotovoltaico per rendere questa città più autonoma dal punto di vista energetico.

 

O ancora alla zona del Porto per anni penalizzato a discapito delle logiche Salerno-centriche. O a Bagnoli, croce e delizia di questa città, ed oggettivamente uno dei nodi da sciogliere dopo 40 anni di immobilismo ed una importante vittoria, seppur parziale, strappata con l’approvazione del PRARU.

 

O pensiamo al Centro storico, dove la ripartenza turistica è per fortuna già in atto e se nessuno si pone il problema della gestione dei flussi, ci vorrà poco prima di tornare a parlare di turistificazione o aggressione sul patrimonio immobiliare a fini speculativi, anche da parte della criminalità. Allora l’idea di allargare i flussi, che è ciò su cui abbiamo scommesso noi alla Sanità guardando alla Collina di Capodimonte, come attrattore culturale e turistico.

 

Sarà inoltre necessario allargare i perimetri delle Ztl, accelerando sul trasporto pubblico e la mobilità sostenibile, attrezzando aree dove chi entra in città riesca a parcheggiare e spostarsi con mezzi alternativi all’auto.

 

Bisogna provare a volare alto, re-immagiando una urbanistica in linea con le metropoli europee più moderne dove traffico, smog, inquinamento acustico siano problemi gestibili e non più drammi quotidiani.

 

Due considerazioni poi sulle maggiori risorse naturali della città: il mare e la corona verde dell’ente Parco Metropolitano delle Colline.

Napoli è una città di mare, ma pochi ne beneficiano. Sarebbe ora di pensare realmente ad una Barceloneta napoletana. Il Parco Metropolitano invece 1/5 della città, una realtà rurale che va dagli Astroni alla Selva di Chaiaiano passando per una serie di valloni nel cuore della città. Siamo la seconda città in Europa dopo Vienna per ettari vitati con la presenza di varie aree doc e i napoletani non hanno contezza del loro patrimonio naturalistico.

Un’ultima considerazione, non dobbiamo dimenticare mai che il Sindaco lo è anche della Città Metropolitana. Se vogliamo far funzionare le cose, dobbiamo finirla con una visione Napoli-centrica, ma tener conto che non siamo 1 milione di abitanti in poco più di 100 km2, ma 3 milioni in più di 1000km2.

 

Questi ultimi 10 anni, piaccia o meno, la città si è data già un futuro puntano soprattutto su cultura, turismo e indotto, ma abbiamo il dovere di ragione a tutto campo valorizzando la bellezza e le risorse dei nostri quartieri, creando una sinergia felice tra imprese sane e territorio.