Un nuovo modo di fare cinema: MIDSOMMAR- Il villaggio dei dannati

Se dovessimo descrivere il nuovo film di Ari Aster con un’unica parola sarebbe “follia”. Dalla seconda parte in poi lo spettatore si identifica con i protagonisti, un gruppo di ragazzi americani che va in vacanza in un piccolo villaggio svedese e partecipa a tutti i suoi rituali pagani.

Midsommar è inquietante, unico nel suo genere che non si può definire propriamente horror. Non ci sono jump scare, non ci sono mostri o esorcismi. L’andamento è volutamente lento (soprattutto nella prima parte), per permettere allo spettatore di cogliere anche i più piccoli dettagli. Le aspettative erano grandissime ed infatti la pellicola non delude.

Ari Aster, al suo secondo film è già riconoscibile e sulla stessa linea di Hereditary, getta le basi per un nuovo modo di fare cinema, tecnicamente perfetto. Midsommar verrà sicuramente studiato in tutte le accademie. La durata è di circa 2 ore e mezza, e lo spettatore è perennemente inquieto, nonostante nelle scene iniziali non ci sia nulla che possa presagire qualcosa di spaventoso. L’unica scena splutter è il suicidio di due  anziani, da lì le atmosfere diventeranno sempre più cupe e lo spettatore sarà traghettato in un vortice senza fine di rituali pagani di mezza estate, inventati dal regista e attribuiti alla cultura svedese.

Nonostante un finale che per l’assurdità rasenta il ridicolo, la cura maniacale di dialoghi, costumi e ambientazioni- per non dire di tecniche registiche e soprattutto piani sequenza mai visti così perfetti sullo schermo- rende questo film l’horror perfetto.